Amen


Il tempo vola e questo lo sanno tutti. I figli crescono velocemente, altra banalissima considerazione. Eppure quando il più grande dei tuoi nanetti si alza insieme a te per prendere la comunione una stretta al cuore arriva .

Mettendo da parte per un momento le riflessione teologiche che giorni come questo impongono” agli uomini di buona volontà” , il giorno della prima comunione del Signor T è stato un giorno di gran festa, un giorno per stare insieme e per festeggiare un’altra piccola grande tappa della sua storia.

Mesi fa ho chiesto ad un “non più tanto nanetto” con quale dono avrebbe voluto ricordare la sua prima comunione. Lui, con aria sicura, mi ha guardato negli occhi e tutto di un fiato ha detto che il suo desiderio più grande era fare un viaggio con me ed King C.  Gerusalemme o Parigi. A noi la scelta.

Un viaggio???!!Ed io che pensavo di cavarmela con una console di nuova generazione! Ma in un istante lo stupore lascia lo spazio alla comprensione. Io E King C, quando siamo spensierati, quando non dobbiamo sbrigare incombenza, parliamo sempre e solo di viaggi. Ci piace viaggiare, con o senza, le teppe al seguito. Il Viaggio a casa nostra rappresenta il dono per eccellenza, la ricompensa alle fatiche. il miglior modo per occupare il tempo libero.

Ed allora ecco che tutto si fa chiaro. L’esempio guida i nostri figli in atto e in potenza. Nel giorno della sua prima comunione ho pregato anch’io. Ho pregato di essere all’altezza del compito che mi è stato affidato. “ESSERE” un buon esempio.

Aspettando Parigi, nel giorno della sua festa, ho preparato un piccolo assaggio goloso della città da gustare tutti insieme.


Tarte tatin, ricetta tratta e rivisitata dal libro LADUREE

12 Mele golden

10 cl di acqua

300g di zucchero semolato

125g di burro

400g di pasta sfoglia (se non avete voglia o tempo di farla voi vi basterà una rotolo di pasta confezionata)

Preriscalda il forno a 160 C. Nel frattempo in una casseruola dal fondo doppio fai cuocere l’acqua e lo zucchero fino ad ottenere un color caramello non troppo scuro.Togli la casseruola dal fuoco ed aggiungi il burro a temperatura ambiente tagliato a piccoli pezzi. Versa il caramello così ottenuto sul fondo di uno stampo di 24 cm e lascia raffreddare per qualche istante.

Disponi le mele tagliate a grossi spicchi all’interno dello stampo e metti nel forno per 40 minuti dopo estrai la teglia dal forno e ricopri le mele con il disco di pasta sfoglia e fai attenzione ad avvolgere bene tutta la circonferenza delle mele. Inforna nuovamente e fai cuocere a 170 per 30 minuti.

Una volta sfornata, la tarte va fatta riposare in frigo per minimo due ore affinchè il caramello si rapprenda e la pectina delle mele gelifichi.

Per rovesciare la torta bisognerà scaldare dell’acqua in un tegame ed immergere  per qualche minuto lo stampo nell’acqua calda, con un coltello si fa girare la lama intorno alla stampo e quando premendo la torta questa girerà e il momento di rigirarla su un piatto. VOILE’


Tipi da spiaggia

Il sole, seppur timidamente, inizia a far capolino in questa primavera ballerina e per me sole equivale a mare.

Sabato scorso King Charlie, dopo una luculliana colazione, sommessamente, quasi temendo la pubblica gogna, confessa alla famiglia che lui avrebbe dovuto lavorare almeno mezza giornata.

Lo sconforto invade la platea. I bimbi sanno che il sabato senza il Re non può promettere nulla di tremendamente avventuroso e io so che un sabato senza il Re mi garantisce una fatica mostruosa.

Brevemente cerchiamo di riprenderci dallo shok  ed io mi gioco l’asso nella manica: “Bambini vi porto al mare”.

Standing ovation per Mami. Nel frattempo visto che King C gravitava ancora per casa io, agitando gli spettri del senso di colpa, lo costringo facilmente a preparare il bagaglio pupi.

Io mi sarei dedicata alle vivande.

Lo scorso anno su una spiaggia di Cannes ho visto quello che non avrei dovuto vedere. Una famiglia di bellissimi con quattro figli al seguito, un cesto da pic-nic in raffia e dolcis in fundo una bottiglia di Moet-Chandon Ice in una bustina refrigerante da passeggio. Per me sono stati una folgorazione. Da quel momento, pur sapendo di esser geneticamente priva di quella grazia shabby-chic che caratterizza le francesine di buona famiglia, ho giurato a me stessa che, in tema di spiagge, la crew da me rappresentata avrebbe per qualche tempo abbandonato il modello, ormai ben collaudato, della mai dimenticata famiglia Cupiello  in gita al mare.

Quindi ricapitolando, mentre King C. prende cambi, costumi, giochi e giochetti, io  tiro fuori  il mio cesto da pic-nic, bulimicamente acquistato al ritorno dalla Francia, preparo dei mini sandwich al prosciutto e mozzarella e delle piccole bottigliette di acqua e succo di sambuco, bibita assai più confacente alla età dei miei pupetti. Non paga dell’accento marcatamente salutista assunto dal mio cesto, mi lascio tentare da due pacchetti di patatine tradizionali  “sea salted”, insalubri ma perfettamente in tema con la nostra destinazione, per finire mi concedo uno scivolone in tema di stile, prendo un  tapperware (cheap, incredibilmente cheap) e lo rimpinzo con una macedonia di melone e mirtillo.

Alle 11 partiamo ed in macchina tra una canzone e l’altra non posso fare a meno di pensare che il quel cesto riempito con tanto amore è proprio come me, colorato,  quasi straripante, pieno di contraddizioni, in fondo tremendamente goloso!


MAGNA la GRECIA

Nel momento in cui sembra che nessuno abbia nulla da imparare dalla povera Grecia, paese sfiancato, vittima sacrificale di una politica monetaria traballante, (mi emoziono sempre un po’ quelle rare volte il mio phd in Unione Europea mi torna utile),  annuncio con gioia  che traccia maestosa degli antichi splendori di questo paese l’ ho ritrovata sugli scaffali della mia libreria di fiducia.

Le poche volte in cui, mentre  aspetto che il rito delle attività pomeridiane dei nanetti si compia, mi concedo una piacevole evasione cittadina, sola soletta,  per trascorrere cinque minuti in pace, la pace dura soltanto tre, perché i sensi di colpa mi assalgono immediatamente. Passeggio in centro città in pieno pomeriggio infrasettimanale con cono gelato alla mano fa veramente nullafacente!!!!!! Per sanare l’angoscia da colpevolezza distolgo immediatamente lo sguardo dal sandalo infradito con borchia che rapisce costantemente la mia attenzione ed entro in libreria, uscendo con almeno un paio di libri per bambini, così alla domanda “Mamma dove sei stata mentre noi eravamo in piscina?” Rispondo fiera “ A comprarvi un libro!!!!!” . Me misera.

Le cose però  a volte vanno diversamente. Mercoledì  tutto è andato secondo copione fino al senso di colpa e l’entrata purificante in libreria. Questa volta però la mia attenzione è stata rapita da un disegno che, in attimo, mi ha portato altrove, un gioco di linee bianche ed azzurre mi ha immediatamente ipnotizzato.

La cucina di Vefa è un libro straordinario, accattivante e tremendamente bello, che in poco meno di cinquecento pagine ci racconta tutta la tradizione gastronomica di un grande paese. L’epilogo della storia ormai è chiaro; sono uscita dalla libreria in compagnia di Vefa ed e, alla faccia dello spread, la Grecia ha fatto trionfalmente ingresso a casa mia. Vi assicuro che io non ho più intenzione di lasciarla uscire.

La prima ricetta testata e leggermente rivisitata è l’insalata di polpo e patate (pag 144). FANTASTICA.

INGREDIENTI.

  • 500 G di polpo
  • 500 g di patate
  • qualche foglia d’alloro
  • 1 avocado maturo
  • il succo di 4 limoni
  • qualche foglia di rucala
  • 2 cipolotti
  • 15 olive greche

Mettete in una pentola l’acqua fredda e le foglie d’alloro, portate ad ebollizione e salate quanto basta, immergete il polpo nell’acqua e  lasciate cuocere per circa 30-40 minuti. Quando il polpo è tenero scolate fate raffreddare.

A parte, dopo aver fatto lessare le patate intere per 20 minuti, le scolate e quando sono fredde le tagliate a cubetti per poi unirle al polpo già tagliato anch’esso nello stesso modo. Infine aggiungete le olive, i cubetti di avocado ed il cipollotto tagliato molto sottile e  condite  con sale, la rucola tritata, il succo di limone e l’ olio extra vergine d’oliva.

Moti Carbonari

Per te farei qualsiasi cosa. Ti seguirei in capo al mondo.

Ed ecco che Lui ti prende sul serio e tu, in quattro e quattrotto, di ritrovi catapultata aldilà o aldiquà del tuo mondo e ti dici “ e mo che faccio”.

Seguire un uomo per amore può essere sensazionale, l’adrenalina che può darti fare borse e bagagli per inseguire l’amore della vita, sotto lo sguardo incredulo di chi ti conosce da sempre, è pazzesca. Riunire le tue amiche per dare l’annuncio in pompa magna che tu punti tutto su Lui senza remore e ripensamenti è,a dir poco, teatrale. Ma, e giuro che l’ho imparato sulla mia pelle, se vuoi che il viaggio destinazione “Everlasting Love” sia di sola andata ci sono delle piccole regole che non puoi non seguire.

  1. Non dire mai “ Ma io per te ho lasciato tutto”, e ricordarsi sempre, e dico sempre, che, nella maggior parte dei casi, nessuno ci ha costrette, eravamo noi che non volevamo più addormentarci senza di Lui.
  2. Tenersi strette le amiche di sempre e  non esitare a confessare che ogni tanto il tuo vecchio mondo ti manca un sacco, anche a costo di sentirsi dire “ Te lo avevo detto io”.
  3. Se il caso vuole che “Altrove” sia  lontano da tutto ma, vicino alla famiglia del tuo Lui, fai finta di avere una famiglia virtuale con te, una domenica a pranzo con i suoi e una domenica a pranzo con la tua famiglia virtuale, ovvero in pace per conto vostro!!!!!!
  4. Fai “Altrove“quello da sempre desideravi fare  a “Casa”.
  5. Ricordati che di nuovo altrove, senza Lui, per te è niente.

Personalmente, quando la voglia di “casa” mi attanaglia, ho trovato  un rimedio rivoluzionario CHE FRENA la deriva sfigolagnosa a carattere nostalgico: tavola imbandita a festa per noi cinque, carbonara favolosa e fumante nel piatto ( piatto romano per eccellenza, infinitamente buono) e la certezza, in quel preciso momento, che non mi manca proprio niente.

N.B. Se tra le mie lettrici cè qualcuna che è andata “Altrove per Amore” scrivetemi come avete imparato a gabbare la “nostalgia canaglia”, magari potremo essere utile a tutte le altre che oggi o domani sono in partenza destinazione “LUI” sola andata.

La carbonara che tira sù.

Ingredienti: 500 gr. spaghetti, 200 gr. guanciale affumicato (quello di Sauris è strepitoso), 4 tuorli, 200 g. di parmigiano, sale, pepe nero in grani, olio extra vergine quanto basta.

Portate a bollore l’acqua e non salatela troppo, quindi fate cuocere gli spaghetti.
Nel frattempo tagliate il guanciale in dadini versatelo in una padella con l’ aggiunta di un pò di olio, fatelo soffriggere fino a quando il grasso non sia diventato trasparente e leggermente croccante, quindi togliete dal fuoco e lasciate intiepidire leggermente.
Contemporaneamente sbattete le uova in una ciotola, unitevi il pepe e il parmigiano. 
Scolate la pasta al dente e versatela nella padella con il guanciale, fatela insaporire qualche minuto e poi versate tutto nella ciotola con le uova e il formaggio. Giratela bene e, se non avete gnomi  da sfamare, abbondate con il pepe. Il gioco è fatto!

American Dream

Le piccole città hanno tanti pregi; l’aria è migliore, i bambini crescono in una dimensione più sostenibile, trovi sempre parcheggio e non sei costretta a fare file interminabile per qualsiasi cosa. Lo so, tutto questo è vero, ma io amo le metropoli, mi piace caos, il traffico non mi innervosisce ed al di sotto dei cinque milioni di abitanti  … mi sento anche un po’ sola.

Da quando mi sono trasferita a vivere a Udine aspetto sempre con ansia che qualche evento globale tocchi il mio nuovo, piccolo mondo. Mostre, spettacoli teatrali, concerti, partite di Champions League, tutto, a tratti, contribuisce a farmi sentire un po’ meno lontano dall’ombelico del mondo, o almeno dall’idea che ne ho io.

L’ undici giugno, dalle mie parti, accade qualcosa che per me è veramente mondiale, Bruce Springsteen  suona dal vivo  a Trieste, ed io ho già i biglietti nella borsa.

Io adoro il BOSS. Lui è il mio vero sogno americano. La sua voce è travolgente, i suoi jeans strappati ed i stivali da cowboy  sono gli abiti più sexy che possa indossare un uomo. Bruce è stato il primo incontro ravvicinato con il rock, i mitici duetti con il suo impareggiabile sassofonista, purtroppo scomparso, sono stata una delle prime dimostrazioni che esseri umani dai colori differenti, insieme, possono dar vita a cose straordinarie!

Era il 1988, io avevo 12 anni e Jovanotti (QUELLO DI UN TEMPO) era l’avamposto più progredito delle mie giovani competenze musicali, non avevo voglia di andare ad un concerto di TIZIO che non conoscevo, ma portarmi allo stadio era più facile che lasciarmi a casa da sola. La musica ha inizio, lo stadio va in visibilio ed io mi guardo intorno interrogandomi sul perché tutta quella gente fosse in preda al delirio per un signore di mezza età tremendamente sudato. Nei primi venti minuti mi sentivo un atomo di noia perso in un universo di eccitazione, ma all’improvviso gli accordi iniziali di “BORN IN THE USA” riecheggiano nel cielo capitolino, un’onda elettrica si spande dalle curve dello stadio Flaminio ed in pochi attimi questo moto irrefrenabile invade anche me. Finalmente anch’io ero travolta ed eccitata da quei suoni. Anch’io, piccola preadolescente musicalmente incompetente, saltavo cantavo per il BOSS.

Sono passati più di vent’anni da quel giorno ed ogni volta che, nel turbinio di uno zapping radiofonico, insostenibile per chiunque non conosca e accetti la mia schizofrenia musicale,  sentiamo qualche nota di “BORN IN THE USA”,  il Signor T,  con fermezza,  sentenzia:“Mamma lascia cè la tua canzone”.

Lui ha ragione, si tratta di un pezzo che a casa nostra spopola, uno di quei pezzi che i miei bambini hanno sentito centinaia di volte, e che credo legheranno sempre al ricordo della loro mamma.

Il Signor T ancora non lo sà ma la storia è ciclica ed è per questo che anche lui l’undici giugno avrà il suo battesimo di fuoco a suon di Rock!

Aspettando l’AMERICA, quella vera, quella che canta Bruce e che forse il Signor T potrebbe ancora non capire, mi preparo a sfornare dei golosissimi biscotti “BORN IN THE USA”. Un piccolo pezzo d’America che sicuramente anche i miei gnometti possono apprezzare.

MY AMERICAN  CHOCOLATE COOKIES

100 g. di zucchero a velo

120 g di zucchero di bruno

115 g di burro tagliato a pezzetti

1 uovo

un pizzico di estratto di vaniglia

100 g di goccie di cioccolato

200 g di farina

5 g.lievito

un pizzico di sale

Montate il burro con lo zucchero a di canna, incorporate l’uovo a filo ed aggiungete lo zucchero a velo. incorporate la farina ed il lievito. Prima che l’impasto sia del tutto amalgamato versate le gocce di cioccolato. Raffreddate il composto in frigo per un paio d’ore e dopo su una teglia rivestita con carta da forno formate palline omogenee del diametro di circa 3 cm. In forno a 180° per 20/25 minuti. GOOD LUCK

Night club … sandwich


Era venerdì sera, era un venerdì sera di inizio primavera! Fino a tre figli fa, la primavera la ricordo sempre come il periodo più frizzante dell’anno. La coltre letargica dell’inverno cadeva per far spazio a nuove idee, look più sbarazzini ed una incredibile voglia di stare all’ aria aperta. Non vorrei sembrare matusalemme ma una parte della mia adolescenza l’ho vissuta in un periodo in cui era ancora possibile scarrozzare  con il motorino sul lungo Tevere sentendo il vento nei capelli. Non tornerei indietro ed ai miei figli metto il casco anche sul triciclo in corridoio eppure, per l’adolescente nostalgica assopita dentro di me, il ricordo della primavera romana in motorino senza casco rimarrà indelebilmente scritto nell’ anima.

Anche passati i venti, con più sale in zucca (e con il casco sulla zucca), il venerdì primaverile era la serata magica, quella in cui il week- end può ancora sorprenderti, quella in cui ancora non sai con chi andrai in vacanza l’estate perche la stagione  si è appena aperta e tutto può ancora accadere.

Questa’ anno l’arrivo della primavera è stato un po’ diverso!  Nell’ALTRA vita non mi ero accorta che la primavera è fatta di pollini che mi annientano, che le difese immunitarie si abbassano, che il cambio dell’ora mi stende come un destro  di Tyson e che puoi arrivare a venerdì sera con l’unico desiderio di stenderti sul divano.

Nell’ altra vita il venerdì  iniziava con l’aperitivo e finiva all’alba del sabato con cappuccio e cornetto. In questa vita, l’unica che ho e l’unica che amo, il venerdì inizia all’alba e finisce al tramonto con il congedo dei piccoli tiranni.

Ma non importa, il primo venerdì di primavera è tornat0 anche quest’anno, ed io non avevo voglia di accendere i fornelli. Questo primo venerdì di primavera noi abbiamo inaugurato il terrazzo!  Club sandwich e chinotto e  alle nove tutti a letto.

N.B. Non credo che per preparare un club sandwich ci sia nessuno che abbia bisogno di una ricetta!!!!!! La foto mi sembra più che esaudiente.

Viva la Libertà!

Non sempre va liscia, ma alcune volte sei preparata, altre no. Mercoledì ero preparata. Ho visto  il film “The Iron Lady” e trovo che l’Oscar come miglior attrice protagonista sia più che meritato per Meryl Streep. Il film è piacevole e ne esce il ritratto di una donna forte e accattivante ma vulnerabile nel profondo. Se qualcuno mi avesse raccontato, quindici anni fa, che avrei potuto provare simpatia ed a tratti empatia per la versione cinematografica di Margaret Thatcher sarei trasalita e avrei gridato alla diffamazione ma, con il tempo, anche gli eroi diventano meno giovani e meno belli e uno spirito sommestamente reazionario fa capolino anche negli animi più indisciplinati (O ALMENO NEL MIO). Comunque, tralasciando considerazione  inappropiate per un blog di cucina, devo confessare che  vedere ben rappresentata una donna di polso mi ha reso, nelle quarantottore successive, marcatamente autoritaria e determinata.

Nel mio frigo mercoledi c’erano solo dei broccoli, tre pomodori e un pezzo di baccalà già dissalato. La dispensa  non risultava del tutto in sintonia con il palato  della mia banda. In un’altra occasione mi sarei determinata ad uscire di casa per razzolare vivande più gradite al mio piccolo pubblico ma mercoledi mi sentivo abbastanza forte per tentare la linea dura. Zuppa di broccoli e baccala per tutti.

L’ ho fatta, senza avvisaglie, senza preavviso. Già prima che li chiamassi per venire a tavola sentivo un vociare collettivo lamentare che dalla cucina veniva una strana puzza.  Appena  entrata in cucina la mia banda bassotti ha sgranato gli occhi e compatta ha fatto muro. Capeggiata dal Signor T, la crew sosteneva dura la sua posizione: ” NOI QUELLA ROBA Lì NON LA MANGIAMO”.

King C, avendo sentore che la situazione potesse degenerare, si è ritirato in salotto con il suo I- Friends. Io mi sentivo forte e io dovevo combattere!

La mia strategia era chiara:

1) Aspettare in silenzio, così la zuppa almeno si sarebbe raffreddata.

2) Minacciare ritorsione in caso di ingustificato digiuno.

Sapete come è finita? il Signor T, masticando amaro, ha finito la zuppa per paura di una brusca sospensione della sua paghetta settimanale. Madame V, pur non avendo una sua paghetta, ha percepito che la situazione, in un qualche modo, ancora non chiaramente delineato ai suoi giovani occhi, avrebbe potuto ledere anche i suoi piccoli interessi, ed in silenzio a seguito l’esempio fraterno.  Lady V invece non ha mosso un ciglio. Lei la zuppa non la voleva. Lei la zuppa non l’ha  mangiata. Lei, dall’alto dei suoi due anni, non aveva nulla da perdere. Lei solo è ancora veramente libera.

Ho amato la sua Libertà più della mia Forza.

Zuppa di cavolo romano e baccalà

500 g. di baccala gia dissalat0

un broccolo romanesco di circa 600 g

1 litro di brodo di pesce

200 g di pomodori pelati

q.b. di olio extravergine d’oliva

1/2 cipolla

una costa di sedano, ed una carota

1 spicchi d’aglio

prezzemolo

Per prima cosa prepariamo il soffritto, in una casseruola dal fondo spesso mettiamo olio, cipolla, sedano, carota, uno spicchio d’aglio, prezzemolo ed un paio di cucchiai di pomodoro pelato. Quando il soffritto ha raggiunto un colore intenso ed un profumo inebriante è il momento di saltare il broccolo ridotto a cimette con il baccala a pezzetti. Dopo cinque minuti sfumo tutto con un litro di brodo di pesce ed in mezz’ora di cottura a fuoco lento con coperchio la zuppa e pronta.

Ma che ti sei impazzita!

Non cè dubbio la maionese è  donna. Volubile, capricciosa, a volte un pò pazza, ma sempre irresistibile. Certo non ci vuole un esperto nutrizionista per capire che non se ne può abusare, ma ogni tanto per dare un pò di verve a qualche piatto, semplice ed essenziale, un cucchiaio di maionese non si nega a nessuno.  E’ per questo che quando gli devo rifilare qualcosa di estremamente salutistico, verdure al vapore, pesce o carne bollita,  confesso che per non vedere le loro facce inorridire davanti al piatto, ecco che armata di frullatore estraggo dal mio cilindro tre cucchiai di maionese ciascuno … e la pillola va giù.

E vissero tutti sazi e contenti.

Ricetta:  Maionese al profumo di timo

1 Uovo

1 Cuucchiaio  di senape di Digione

300 ml di olio di semi di arachidi

Il succo di mezzo limone

Un rametto di timo

sale q.b.

La Maionese io la faccio con il frullatore ad immersione … la storia inizia così: miscelate un cucchiaio di senepe  con l’ uovo intero, poi azionate il frullino e aggiungete l’olio a filo, quando la salsa inizia ad addensarsi, aggiungete 2 cucchiaini di aceto il sale ed il timo. Un’ ultima frullatina e la salsa è servita.

“Bacio” di mamma

Ve la ricordate la storia della sveglia presto, della colazione SloOOOOw … e dei biscotti fatti in casa! Beh a distanza di un mese uno dei buoni propositi del 2012 ha presocorpo e i biscotti al forno sono sempre ( o quasi) presenti nelle nostre colazioni. Sta storia dei biscotti l’ ho presa proprio sul serio. Sabato scorso i trentasei libri di cucina archiviati sulle mensole della mia cucina, un’abbonamento a Sale e pepe e tutti i numeri della cucina Italiana dell’ultimo quinquennio non  rappresentavano una fonte di sufficente ispirazione per realizzare i biscotti della settimana.  Il baratro che solo l’ immensa possibilità di scelta può determinare mi invadeva. Che  cosa avrei provato a fare per la mia crew? Ma ecco che in un solo istante  mi è venuto in mente un episodio della settimana appena passata. Mercoledi pomeriggio il Signor T è stato a casa da scuola perchè non si sentiva bene e, particolare non trascurabile, la notte precedente non mi ha fatto chiudere praticamente occhio. Chi ha figli sa bene quanto, ( e meno male), possano essere veloci i loro tempi di ripresa. Quello che la notte era un mezzo moribondo, già nel primo pomeriggio aveva ripreso ad essere il grillo di sempre. Io invece, non avendo dormito, ero praticamente distrutta, ma lui, incurante come solo gli uomini in certi momenti sanno essere, continuava a chiamarmi, Mamma … Mamma…Mamma  giochiamo , disegnamo … leggiamo. Ad un certo punto, sull’orlo dello sfinimento, gli ho fatto una piccola sfuriata sul sacro santo diritto di ogni mamma di avere un attimo di Pace. Mi deve aver visto così  esausta che si è mosso a pietà, mi ha chiesto scusa e mi ha data un bacio. Io, forse perchè ancora tramortita dalla veglia notturna,  non ho ricambiato quel bacio come avrei dovuto. .. ed allora per farmi perdonare … tanti  tanti baci per tutta la settimana.

Baci di MAMMA

Farins g.125

Burro g. 125

Zucchero g.125

Farina di mandorle g.125

un pizzico di sale.

Impasta insieme il burro, a temperatura ambiente, lo zucchero e la farina di mandorle. Aggiungi lentamente la farina ed impasta nuovamente per alcuni minuti. Quando avrai raggiunto un impasto omogeneo avvolgilo nella pellicola e mettilo a raffreddare in frigo per almeno due ore.

Dopo che l’impasto avrà riposato stendilo ad uno spessore di 1,5 cm e  con un coppa pasta  di 3-4 cm di diametro ottieni i cerchi di pasta,  arrotolali sui palmi delle mani e forma tante piccole palline che dovrai posizionare equidistanti su una teglia.

Cuoci in forno già caldo a 170°C per 10-15 minuti.
Una volta cotti li togli dal forno e aspetti che si raffreddino nella teglia. Quando sono freddi li unisci a due con un filo di cioccolato fondente che precedentemente avrai scioto a bagnomaria.
Un bacio a tutti.

Tacco a volte fa rima con pacco

Che noi donne mediamente vantiamo relazione complesse e maniacali con le scarpe è cosa nota. I tratti salienti di questa pericolasa relazione sono stati messi in luce in modo molto dettagliato e completo. Io lo ammetto per le scarpe ho fatto follie e, nonostante la mia vita da mamma in corriera, indossare un folgorante tacco 12 mi provoca un emozione vertiginosa. Come  posseduta da una sorta di demenza che azzera la razionalità ed il pragmatismo di cui vado fiera, mi sono ritrovata a fare cose, se non folli, quantomeno azzardate solo per indossare una scarpa strepitosa. King C ancora ride ricordando che, non appena uscita dal Moma di Ney York, avendo quindi saziato i miei appettiti culturali, mi sono fiondata  in un FAMOSISSIMO tempio del desiderio per piedi in cerca di emozioni  e proprio come la sorellastra di cenerentola ho tentato in tutti i modi di fare entrare nel mio piedino 40 un meraviglioso sandalo in saldo che aveva l’inconveniente, per me trascurabile, di calzare due numeri in meno. Se king C non mi avvesse costretto a tornare in me il mio armadio oggi vanterebbe l’ennesimo feticcio inutile.  Ma  attenzione a tutto cè un limite. Non avendo in casa la televisioone, ammetto di poter vantare una sano distacco dal clamore mediatico dei format televisivi più in voga, ciò non toglie che, se finisco casualmente di fronte ad uno schermo altrui, le mie ossessione alimentari  non si placano fintanto che non trovo un cuoco/a che mi propini una qualsivoglia ricettina golosa. Pochi giorni fa, mentre attendevo a casa di una amica che il signor T finisse i suoi allenamenti, sono volutamente incappata in una di queste trasmissione dove “la donna della porta a canto” ti insegna a metter sul piatto indicibili leccornie in meno di mezzo’ora. Tra un tocco di zenrero e due pomodori pachino noto un particolare che a a me non poteva certo sfuggire, la “sventurata” si muoveva nella sua cucina, ” nazional popolare” al punto giusto, volteggiando su un tacco dodice con suola rossa che, per noi addette ai lavori , vuol dire solo una cosa Christian Louboutin. Beh qualcosa non quadrava! Non dico che tutti devono mantenre il rigore e la sobrietà che caratterizza  gli chef di grido, io ad esempio adoro la freschezza poco spontanea di Jamie Oliver, ma presentarsi davanti a fornelli in assetto da gara su scarpa ” haute couture” mi sembra davvero troppo, anzi mi sembra davvero inappropriato. Mentre ammiravo la malcapitata dimenarsi nel suo set così patinatamente (… che giustamente fa rima con pateticamente) familiare ho ripensato alle motivazioni che tanto tempo fa ci hanno portato a scegliere di non avere in casa la televisione. Noi non volevamo che qualcuno ogni giorno ci potesse far credere reale le menzogna, che ci trattasse come polli in batteria pronti da spennare. Beh signorina o signora che cucini col tacco … io non ci casco!

Comunque nonostante una mise più adatta ad un dopo cena che alla preparazione della cena, qualche spunto la trasmissione me lo ha dato, è tormata a casa, dopo aver indossato le mie adorate ciabattine ecco la mia ricettina a ” tacco zero”.

Salciccia e piselli con polenta 

Come tutte le mie ricette le porzioni si rifericono a due adulti, uno gnomi e due gnomette.

4 salcicce

1 scalogno

400 g di piselli sgusciati

375 di polenta biologica precotta

2 dl di brodo

1 foglia di alloro

Soffriggi lievemente lo scalogno,  metti nella padella la foglia di alloro e le salsicce punzecchiate, così in cottura rilasceranno una parte dei loro grassi,  irrora con un poco di brodo e lascia cucinare con coperchio per una ventina di minuti, quando la carne inizia a diventare morbida aggiungi i piselli e lascia cuocere insieme pe quindici minuti. Se i piselli rilasciassero troppa acqua, puoi addensare la salsa con un cucchiaino di maizana.

A parte prepari la polenta. Ogni marca ha le sue doso di cottura, se le segui pedissequamente non sbagli ed in otto minuti la tua polenta fumante e pronta.

Buon appettito!